Sorge dunque il dilemma: se lo statuto non prevede che l’aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a soggetti non soci, ciò significa anche che un socio non possa cedere a un soggetto non socio il proprio diritto di sottoscrivere l’aumento di capitale deliberato? In altre parole: il silenzio dello statuto vale come permesso o vale come divieto?

Il silenzio dello statuto

Di primo acchito, il carattere “personalistico” che pervade la regolamentazione della Srl indurrebbe a ritenere interpretabile tale silenzio come un divieto. La Cassazione è, invece, di diverso avviso:

a) anzitutto, perché la norma di cui all’articolo 2481-bis si occupa della clausola statutaria che comprime ab origine il diritto di sottoscrizione del socio, consentendo la collocazione dell’aumento di capitale sociale presso soggetti non soci; mentre, nel caso in esame, si ha un punto di partenza esattamente opposto, vale a dire la concessione al socio del diritto di sottoscrizione (della cui cedibilità, poi, si discute);

b) inoltre, perché il carattere personalistico della Srl – osservato nel contesto di una operazione di aumento del capitale sociale – non è da intendere in senso “forte” (e cioè nel senso di preservare l’immutabilità della compagine sociale), ma in senso “debole”, e cioè nel senso di garantire al singolo socio di non essere diminuito nella sua quota di partecipazione al capitale sociale.

Pertanto, qualora lo statuto non vieti la cessione del diritto di sottoscrizione (o non limiti la circolazione delle quote, ad esempio con clausole di gradimento o di prelazione), il diritto di sottoscrizione del socio può essere da questi liberamente ceduto; e questa libertà di cessione non soffre limitazione né dal fatto che lo statuto vieti la collocazione dell’aumento del capitale presso soggetti non soci né dal fatto che non esprima alcuna prescrizione su questo punto.

L’interpretazione corretta

Che il carattere personalistico della Srl vada interpretato nel predetto senso “debole” lo dimostrerebbe il rilievo secondo cui, a norma dell’articolo 2469, comma 1, del Codice civile, le quote di partecipazione al capitale sociale della Srl sono liberamente trasferibili, salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo; dunque, la società in questione è concepita dal legislatore come un ente aperto, almeno di regola, all’ingresso di nuovi soci.

D’altronde, se nello statuto mancasse qualsiasi limitazione alla cessione del diritto di sottoscrizione derivante da una delibera di aumento del capitale sociale (nonché alla collocabilità dell’aumento di capitale presso terzi) e pure qualsiasi limitazione alla circolazione delle quote, sarebbe improvvido intuire l’esistenza di un divieto di cessione del diritto di sottoscrizione: il socio oblato potrebbe bensì sottoscrivere l’aumento di capitale e poi immediatamente cedere a terzi la quota di partecipazione sottoscritta.